Lettera aperta a “La Repubblica”: articolo sul “Venerdi” dell’11/10/2019

Cari soci e simpatizzanti,

Speriamo di fare cosa gradita nel pubblicare la lettera appena inviata alla redazione de “il Venerdi” del quotidiano “La Repubblica”, e alleghiamo il testo dell’articolo che tanto non ci è piaciuto.
 
Lo scriviamo subito: siamo profondamente indignati (per non usare un altro termine che comincia con le stesse due prime lettere e fa rima). Quotidianamente cerchiamo di fare corretta informazione, tutti i giorni ci capitano in clinica casi di genitori angosciati dalla nuova diagnosi, impauriti e incerti su quello che li attenderà nel futuro…e perché? Perché si informano, e le informazioni che arrivano loro spesso sono distorte, mistificate, a volte addirittura ingannevoli. I media, in questo, non aiutano. Non possiamo rimanere tranquilli quando leggiamo di cerotti miracolosi che a soli 29 euro promettono il ripristino dell’udito (inserto pubblicitario letto sul settimanale VOI). Non possiamo rimanere impassibili leggendo l’intervista pubblicata nell’ultimo numero del “venerdi” de La Repubblica a tale Bertrand Le Clair. Non basta un titolo stucchevole (“Ho imparato dai sordi ad ascoltare il cuore”…neanche un qualsiasi romanzo rosa sarebbe riuscito ad usare un titolo così melenso) per coprire la quantità di disinformazione espressa in quelle due pagine di intervista. Si parla di “folle piano per sradicare la sordità”, di “violenza sociale contro i sordi”, di “svolta oscurantista del congresso di Milano” (in cui, a suo dire, si decise di “costringere i sordi a parlare”). Si arriva persino a dire che “gli impianti cocleari sono efficaci in un dialogo a due o tre, ma non funzionano se in gruppo”. Abbiamo sempre sostenuto che gli impianti cocleari, e ancor più le protesi acustiche, non sono dei miracoli, ma dei “semplici” dispositivi elettronici che permettono una migliore comprensione del suono. Abbiamo sempre ribadito che non esigiamo la scomparsa della lingua dei segni ma che, anzi, deve poter continuare ad essere una risorsa per quelle situazioni in cui le altre strade non possono funzionare. Provi, il signor Le Clair, tanto premuroso nel garantire l’integrazione di sua figlia al punto di confessare di essere “capace di segnare solo qualche parola”, a silenziare il frastuono di un pub, e chiedere quanti, dei presenti, conoscono il linguaggio dei segni. Su cento persone, quanti alzeranno la mano? Con quante persone un sordo segnante riuscirà a parlare? Con quante, invece, pur con tutti i sui limiti, un sordo abituato all’uso della parola potrà comunicare? Perché questo fa la riabilitazione uditiva, e questo è quello che cerchiamo quotidianamente di trasmettere parlando con le persone che si rivolgono a noi: permette l’integrazione.